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Una coscienza vive solitamente in uno spazio finito, al di là dei suoi limiti smette di esistere. Sono la striscia di sabbia che le onde prima bagnano e poi rinunciano, non sono ne il mare, ne la terra.
Esistono cicli in cui la distanza tra gli opposti è così grande che mentre si percorre la strada ci si dimentica da dove si è partiti, e quando si arriva non ci si accorge di essere arrivati. La coscienza muore nell’ inconsapevolezza della via.
Quei momenti in cui invece la distanza si stringe, mi fanno tremare. Densa e violenta si fa strada nel mio corpo, artefatto di una civiltà estranea al sentire. In un solo istante sono morto e vivo, vedo i frammenti che compongono il tempo e la grandezza di ogni scelta.
La coscienza vive eccezionalmente in uno spazio infinto, ricordo un uomo camminare su un filo di luce, i suoi passi appoggiarsi esattamente dove si sarebbero dovuti posare. Non erano scelti, erano un dono, uno scopo.